Stretching, quando serve davvero e quando è sopravvalutato?

Lo stretching è da decenni una pratica diffusa in qualsiasi contesto sportivo: dal riscaldamento prima della corsa alla seduta rilassante post-allenamento. Ma serve davvero? Fa bene sempre? Oppure abbiamo semplicemente accettato delle routine che non sono poi così necessarie?

In questo articolo cercherò di fare chiarezza sul ruolo reale dello stretching nella performance, nella prevenzione degli infortuni e nel recupero muscolare, cercando di attenermi, come sempre, alle evidenze scientifiche più recenti.

Cosa è lo stretching, e quali tipi esistono?

  • Stretching statico: mantenimento di una posizione allungata per un certo periodo (es. 20-60 secondi).
  • Stretching dinamico: movimenti attivi e controllati che portano i muscoli quasi al limite del range di movimento (ROM) senza fermarsi.
  • PNF (Proprioceptive Neuromuscular Facilitation): alternanza di contrazione e rilassamento per aumentare la flessibilità.

Ognuno di questi approcci ha effetti diversi sul corpo, e non esiste uno stretching “buono per tutto”.

Analizzando il primo tipo, lo stretching statico di gran lunga il più conosciuto e utilizzato. È frequente vedere, sopratutto ai lati del campo da calcio o le piste di atletica praticare allungamento dei muscoli delle gambe, niente di più sbagliato. diversi studi hanno evidenziato che lo stretching statico prolungato prima di una prestazione può ridurre la forza e la potenza muscolare, in particolare negli sport di sprint, forza esplosiva o salto (PMID: 21659901; PMID: 26642915). Questi due studi concludono che lo stretching statico > di 60″ o minore ha effetti negativi (nel primo caso) e leggermente negativi (nel secondo) sulla prestazione. Diverso è per lo stretching dinamico che può migliorare attivazione muscolare e coordinazione risultando quindi utile prima dello sforzo.

Stretching e prevenzione degli infortuni: un mito o realtà?

Per anni si è creduto (e tuttora molti professionisti lo consigliano) che fare stretching aiutasse a “prevenire strappi, stiramenti o infortuni”.
Tuttavia, le meta-analisi più recenti smentiscono, in parte, questa idea: lo stretching da solo non riduce significativamente il rischio di infortunio muscolo scheletrico (PMID: 24100287; PMID: 18785063). Sorpresa, sorpresa, il rinforzo della muscolatura (e dei tessuti) è molto più utile nella prevenzione degli infortuni. Scomoda verità ma realtà.

Può essere utile nel recupero?

È frequente che venga consigliato di inserire lo stretching alla fine dell’allenamento per “favorire il recupero” o “ridurre i DOMS”.
In realtà, gli effetti sul recupero sono modesti: può aiutare a migliorare la sensazione soggettiva di rilassamento o rigidità muscolare, ma non ha impatto significativo sui marker fisiologici di danno muscolare (PMID: 12202327; PMID: 10694106).

Quindi, quando è UTILE lo stretching?

  1. In soggetti con limitazioni reali (es. Rigidità, ipomobilità) valutate in maniera mirata e non autodiagnosticate. In questi casi, come in caso di scarsa flessibilità lo stretching, statico, praticato quotidianamente può servire come stimolo meccanico per far si che i tessuti concedano più movimento.
  2. Come parte di una routine di rilassamento e/o meditazione, per esempio, prima di dormire
  3. Per migliorare il ROM funzionale in sport che richiedono mobilità elevata (es. Danza, ginnastica artistica, arti marziali). Anche in questo caso deve essere una pratica quotidiana e non occasionale

Quando invece è sopravvalutato e CONTROPRODUCENTE?

  1. Come cura per i dolori cronici. Troppo spesso viene consigliato di allungare un tendine o un muscolo per ridurre il dolore, niente di più sbagliato (e inutile). Nella quasi totalità delle patologie muscolo scheletriche croniche (es. Cervicalgia, lombalgia) la vera arma terapeutica è il rinforzo dei tessuti non l’allungamento.
  2. Come mezzo di prevenzione. Anche in questo caso lo stretching è inutile e dannoso in quanto focalizza l’attenzione sull’allungamento invece che sul rinforzo predisponendo a debolezza e maggior rischio infortuni
  3. Pre competizione. Lo stretching statico prima di uno sforzo fisico (sopratutto intenso) può diminuire la performance e incrementare il rischio infortuni

Lo stretching non è inutile, ma va contestualizzato:
Non è la panacea di tutti i mali, né uno strumento dannoso. Come ogni intervento, dipende da chi lo usa, perché, quando e come.

Se ti fa stare bene e non interferisce con la performance, può essere una risorsa utile. La cosa fondamentale è che non sostituisce l’allenamento di forza, né è la chiave per evitare dolori e infortuni e perciò, vi andrebbe posta molta meno attenzione di quanto spesso viene fatto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *